Tra pochi giorni avrà inizio la 74esima edizione del festival di Sanremo che si svolgerà dal 6 al 10 febbraio 2024, come sempre in diretta per cinque lunghissime serate consecutive, dal Teatro Ariston e trasmessa su Rai1.
Questo festival, lo ricorderemo come l’ultimo evento in cui la composizione delle canzoni, dalle musiche ai testi, sono state generate dalla sola creatività umana.
L’intelligenza artificiale (AI) sta invadendo anche il sacro terreno della musica, spingendosi con prepotenza in un campo che molti consideravano immune dal freddo calcolo delle macchine.
Le nuove frontiere di calcolo si stanno inserendo, per ovvi scopi commerciali, nel processo della composizione musicale, sia per quanto riguarda i testi che le melodie, e questo sta portando a perdere quei fattori creativi e umani come i sentimenti all’interno delle canzoni.
L’intelligenza artificiale quale strumento utile per amplificare la creatività umana, non è forse, nel settore artistico musicale, un modo per giustificare la pigrizia artistica?
Sino ad oggi ci si è sempre affidati alla musa interiore, domani l’artista si affiderà ad algoritmi non per “ispirarsi” ma per compiere un calcolo generativo tra le migliori canzoni dell’ultimo decennio e questo può comportare il rischio di trasformare l’arte della composizione in un esercizio sterile e privo di autenticità.
Nel campo della compilazione dell’AI si possono analizzare enormi database di brani per poi rigurgitare melodie “originali” del passato e di gran successo ma quanta originalità c’è in realtà in un brano generato da un algoritmo che si limita a campionare idee altrui? La tecnologia promette di offrire nuove possibilità sonore, ma c’è il rischio concreto che la musica perda la sua anima, trasformandosi in un mero esercizio di programmazione.
Ma non solo, vogliamo parlare della scrittura dei testi? Non c’è il rischio che i testi seppur parlino di amore siano privi di quella creatività umana in grado di conoscere e percepire il sentimento? I testi prodotti dagli algoritmi parleranno di amore ma con il rischio di suonare vuoti, privi di quella scintilla di vita che caratterizza i grandi testi musicali.
La fusione forzata tra creatività umana e intelligenza artificiale potrebbe portare a una musica che è più un prodotto di ingegneria che un’opera d’arte, riducendo i compositori a semplici supervisori di un processo guidato dalla macchina.
A questo punto è lecito chiedersi se l’arte musicale potrà ancora definirsi tale in assenza di autenticità delle esperienze umane in cui speranza, dolore, amore e gioia fondendosi generano capolavori irrinunciabili di questa forma d’arte.